- evitare oneri amministrativi e duplicazione degli sforzi sia da parte degli operatori commerciali che delle autorità durante il processo di verifica. Inoltre, la divulgazione dei dati e delle informazioni richiesti deve proteggere le informazioni aziendali riservate o sensibili. Devono essere concessi diritti di accesso diversi a diverse parti interessate – B2C, B2B, B2Gov – sulla base del principio della “effettiva necessità di sapere” e per evitare un sovraccarico di informazioni per i consumatori.
- chiarire le regole per il confronto tra diverse categorie di prodotti e sviluppare ulteriormente metodi per calcolare gli impatti ambientali del ciclo di vita dei prodotti. La posizione della Commissione è di consentire la flessibilità e di incoraggiare a non adottare la metodologia PEF come unico metodo valido per comprovare le dichiarazioni ecologiche. Gruppi diversi di prodotti e di dichiarazioni richiedono, infatti, metodologie differenti.
- garantire che gli schemi e le etichette di certificazione ambientale esistenti e ben noti verificati da terze parti non incontrino ostacoli nella loro verifica. Le etichette costituiscono una guida importante per i consumatori e li supportano nel loro processo decisionale, a condizione che siano basate su informazioni verificate, comparabili e affidabili, opportunamente certificate. La proliferazione di etichette ambientali fuorvianti deve essere certamente frenata poiché porta alla confusione del consumatore finale. La Direttiva Green Claims è un passo in questa direzione. Tuttavia, la direttiva dovrebbe anche garantire che i sistemi, le etichette e i certificati già esistenti possano continuare ad assegnare le loro etichette se sono conformi ai requisiti della direttiva alla data della sua entrata in vigore per evitare potenziali colli di bottiglia nella verifica.