Lentamente, ma in maniera inarrestabile sta cambiando il nostro modo di apprendere grazie alle nuove tecnologie. Anche nei corsi di formazione più costosi i corsisti seguono (mentre magari stanno smanettando con un palmare..) certi che il docente, alla fine della lezione, alla richiesta “Ci dà poi le slide?”, risponderà in maniera affermativa.
E il nostro apprendere si limita, ormai, a collezionare delle slide. Pochi gli appunti presi in maniera diretta mentre si ascolta, scarse le riflessioni originali che possono scaturire (o essere “scatenate”) da un interessante presentazione.
Sembra essere un trend inarrestabile che riguarda anche il media incontrastato dei nostri tempi, Internet, al quale deleghiamo memoria, creatività e critica (“Ma anche il web ha i suoi pentiti”, Corriere della Sera, 16 maggio 2011, pag. 37). Intanto non si riesce più a scrivere in corsivo. E questo comincia ad allarmare gli educatori per i risvolti negativi sulle capacità di apprendimento, studio e sviluppo e addirittura sulle capacità motorie sugli studenti (“E il corsivo divenne indecifrabile”, Corriere della Sera, 29 aprile 2011, pag. 55).
Insomma, cominciamo ad essere dei “collezionisti di informazioni”, anzi - come scrive Nicholas Carr nel suo “Internet ci rende stupidi?” – siamo dei “giocolieri dei dati”.
Proprio Carr ci aiuta a comprendere meglio una delle principali novità dei nostri tempi sotto il profilo dell’apprendimento e cioè che Internet ci garantisce l’accesso immediato a delle informazioni soddisfacenti. Ma la Rete riduce la capacità di conoscere in profondità un argomento direttamente,” di costruire nella mente tutte quelle connessioni ricche e soltanto nostre che danno origine all’intelligenza personale” (Carr, op. cit., pag, 173).
Tornare alla carta e alle penna come rimedio al progressivo appiattimento del pensiero originale?
a cura di Massimo Medugno, DG Assocarta