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Dieta mediatica (il vero gap è il “press divide” e non il “digital divide”) a cura di Massimo Medugno, DG Assocarta
Forse è tempo di mettersi a dieta e di ricominciare a camminare a piedi. Anche in termini mediatici.
Eh sì, perché gli ultimi dati (mi riferisco a quelli del Censis presentati venerdì 11 ottobre http://www.censis.it/5?shadow_evento=120989) mostrano una società, soprattutto la parte più giovane, che si “avvita” sul digitale.
I fatti dimostrano cioè che il problema non è il “digital divide”, ma il “press divide”. Con tutto quello che ne consegue. Una scarsa capacità di concentrazione, poco approfondimento, il “multitasking” non per necessità, ma come stato permanente.
SLOW FOOD, SLOW LIFE...AND SLOW MAIL
26 novembre 2012 - Impossibile non ricordare la profondità dell'interpretazione di Massimo Troisi nel film "Il postino".
A quel personaggio viene da ripensare leggendo la conclusione di un bell'articolo di Enrico Franceschini su La Repubblica di sabato sulla nobile e profonda arte dello scriverea mano ("Carta e penna e la ricerca della lettera perduta") e che conclude "non farebbe male, una volta tanto, l'attesa di una lettera scritta a mano".
Si perchè, secondo l'articolo (ma credo che su questo sia difficile dissentire) la lettera scritta é un messaggio più intenso che fa emergere tutto il carattere dell'autore.
PIU’ INTEGRAZIONE TRA DIGITALE E CARTA: ANCHE PER EVITARE I GUAI DELL’ACCOUNT SPENTO
A cura di Massimo Medugno, DG di Assocarta - 29 ottobre 2012
E’ in Gazzetta Ufficiale il Decreto Legge Crescita bis (Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese). A questo proposito, la Federazione della Filiera della Carta e della Grafica italiana ha espresso l’incertezza per il futuro delle sue imprese e dei relativi occupati. A destare forte preoccupazione la previsione del passaggio dell’editoria scolastica al digitale a decorrere dall’anno 2013-2014.
SPEGNETE SMS E TABLET I RAGAZZI NON SANNO LEGGERE
25 settembre 2012 - Fa riflettere l’articolo a cura di Cristina Taglietti “Spegnete sms e tablet i ragazzi non sanno leggere” apparso la scorsa domenica su Il Corriere. Il rientro a scuola oltre che dalla rivoluzione digitale annunciata dal Ministro Profumo è segnato dalla forte preoccupazione degli insegnanti circa la capacità di lettura ( e di scrittura) degli studenti compromessa da un’abitudine alla comunicazione veloce, per immagini.
La più grande biblioteca del mondo si farà senza Google.
In un'intervista al Courrier International n. 1111 del 16 febbraio 2012 Robert Darnton, direttore delle biblioteche di Harvard e curatore del progetto per la Biblioteca Pubblica degli Stati Uniti (DPLA), dichiara che la pià grande bibiloteca al mondo sarà on line entro il 2013 e lo sarà senza Google. Nell'intervista Darnton sottolinea che, nonostante le migliori intenzioni, Google è un'impresa commerciale che deve rispondere ai suoi azionisti. Da qui l'iniziativa di una biblioteca pubblica, che partita nel 2010, ha trovato sostegni e finanziamenti da enti e istituzioni, tra cui lo Smithsonian Institute. Nella stessa intervista Darnton cerca di sfatare il luogo comune che il momento in cui viviamo è l'era dell'informazione. Ciascuna era è stata un'era dell'informazione, alla sua maniera e in rapporto ai supporti esistenti.
Secondo Darnton invece di lamentarsi della morte del libro occorre fare del nostro meglio per alleare il testo stampato alle tecnologie numeriche.
CI DA’ POI LE SLIDE?
Lentamente, ma in maniera inarrestabile sta cambiando il nostro modo di apprendere grazie alle nuove tecnologie. Anche nei corsi di formazione più costosi i corsisti seguono (mentre magari stanno smanettando con un palmare..) certi che il docente, alla fine della lezione, alla richiesta “Ci dà poi le slide?”, risponderà in maniera affermativa.
E il nostro apprendere si limita, ormai, a collezionare delle slide. Pochi gli appunti presi in maniera diretta mentre si ascolta, scarse le riflessioni originali che possono scaturire (o essere “scatenate”) da un interessante presentazione.
Sembra essere un trend inarrestabile che riguarda anche il media incontrastato dei nostri tempi, Internet, al quale deleghiamo memoria, creatività e critica (“Ma anche il web ha i suoi pentiti”, Corriere della Sera, 16 maggio 2011, pag. 37). Intanto non si riesce più a scrivere in corsivo. E questo comincia ad allarmare gli educatori per i risvolti negativi sulle capacità di apprendimento, studio e sviluppo e addirittura sulle capacità motorie sugli studenti (“E il corsivo divenne indecifrabile”, Corriere della Sera, 29 aprile 2011, pag. 55).
Insomma, cominciamo ad essere dei “collezionisti di informazioni”, anzi - come scrive Nicholas Carr nel suo “Internet ci rende stupidi?” – siamo dei “giocolieri dei dati”.
Proprio Carr ci aiuta a comprendere meglio una delle principali novità dei nostri tempi sotto il profilo dell’apprendimento e cioè che Internet ci garantisce l’accesso immediato a delle informazioni soddisfacenti. Ma la Rete riduce la capacità di conoscere in profondità un argomento direttamente,” di costruire nella mente tutte quelle connessioni ricche e soltanto nostre che danno origine all’intelligenza personale” (Carr, op. cit., pag, 173).
Tornare alla carta e alle penna come rimedio al progressivo appiattimento del pensiero originale?
a cura di Massimo Medugno, DG Assocarta
NULLA E’ GRATIS (E IL RICICLAGGIO PUO’ FARE MOLTO)
Milano, 28 ottobre 2010 - Qualche cosa di più di un’intima certezza, ci aveva sempre consapevolmente accompagnati di fronte alle campagne che promuovevano il web, ambientalmente compatibile per definizione. La realtà è che ogni modalità di comunicazione, ogni media ha un suo impatto e ci deve sempre guidare il generale principio di usare bene le risorse.
Due notizie ci confermano ciò. La prima lo conferma direttamente ed é quella che si riferisce ad un recente (ed ulteriore) studio sugli eco-impatti dei siti web del Centre for sustainable communications di Stoccolma. Esso è riuscito a calcolare l'impronta carbonica di ogni specifico sito. Sembrerebbe che ogni anno circa 630 milioni di tonnellate di Co2 vengono riversate nell'atmosfera dal settore chiamato "IT" (Information Technology) nel quale le componenti principali risultano essere gli utenti di internet, con i propri computer e schermi, ed i server.
La seconda lo conferma indirettamente.La Cina ha tagliato l'esportazione di “terre rare” (“rare earths”) contenenti preziosi elementi per la produzione delle migliori tecnologie informatiche e per le energie rinnovabili. La Cina ha motivato la riduzione di questo export con l'obiettivo di ridurre l'inquinamento causato dalla “produzione” di queste terre, mentre i Paesi importatori sospettano che dietro ci sia l'obiettivo di credare i presupposti di un predominio nelle tecnologie informatiche e in quelle delle rinnovabili.
La notizia è stata riportata e commentata da Il Sole 24 Ore, ma prima ancora dalla stampa anglosassone.Uno degli aspetti che emerge anche da questa vicenda è che l'economia (e quindi anche la green economy) sarà condizionata dall'(in)disponibilità di queste terre e che anche la c.d. “dematerializzazione” é un mito abbastanza facile e che le materie prime rimarranno fondamentali e sarà irrinunciabile gestire sempre meglio le risorse.
Val la pena aggiungere soltanto che i giapponesi si stanno organizzando puntando sul riciclaggio di rifiuti elettrici ed elettronici per recuperare i preziosi elementi contenuti nelle terre e far fronte alla diminuzione dell'export cinese.
Già il riciclaggio. Una ricetta ben conosciuta e praticata dall’industria cartaria.
A cura del DG Assocarta Massimo Medugno
WATCHING GOOGLE!
Venerdì scorso il Financial Times (a pagina 6, nella colonna in cui campeggia la simbolica frase “Without fear and without favour” e con un articoletto a cui ho preso in prestito il titolo) si è soffermato sulla necessità che Google venga monitorato con attenzione dal regolatore.
Due gli argomenti usati nell'articolo. Il primo che la “search neutrality” (ovvero la funzione di ricerca) che non deve essere sistematicamente basata su ragioni editoriali e commerciali; il secondo è l'integrazione verticale che sta operando Google per dare maggiori informazioni agli utenti (secondo Google) é che di fatto darebbe allo stesso una influenza e un rilevante potere nel settore dell'informazione (secondo altri).
Conclude il Financial Times che sarebbe sbagliato “azzoppare” Google in quanto fornisce servizi migliori, ma che tuttavia bisogna guardare allo stesso con attenzione. Seconfo il FT Google non è dannoso in sé ma essendo una società con una tecnologia molto potente potrebbe potenzialmente andare fuori stradan (“to go astray”).
Insomma, e qui ci colleghiamo a al dibattito in corso sulle colonne della stampa italiana, occorre non disinteressarsi al fatto che Internet “contribuisce a modificare il nostro cervello in senso conformista, privandoci di criticità e facendoci omogeneizzare alle idee correnti” (G. Riotta “Harry Potter e il regno del falso” Domenica Il Sole 24 Ore, pag. 37).
Ma come ricorda lo stesso Riotta su Il Sole 24 Ore, già da molto tempo “Gli uomini preferiscono le tenebre alla luce” dice il Vangelo di Giovanni (e, quindi, ben prima di Internet...).
Portare “alla verità che rende liberi” (sempre parafrasando il Vangelo) sarà un compito ancora più gravoso per i media tradizionali e per quelli nuovi!
A cura di Massimo Medugno, DG Assocarta